06 Ottobre 2017

Ergastolo. Questa la pesantissima richiesta effettuata dal pubblico ministero Francesco Cajani, nei confronti di Mario Marcone, l’operatore ecologico pioltellese di 42 anni, accusato di omicidio volontario della sua ex compagna Gabriella Fabbiani, la 43enne cernuschese, il cui corpo riaffiorò dalle aque della Cava Merlini, avvolto in un telo appesantito da blocchi di cemento, la sera del 5 dicembre 2016. È andata meglio, invece, a Fabrizio Antonazzo, il presunto complice che lo aiutò a occultare il cadavere. Per lui il pm ha chiesto sei anni di carcere. L’udienza si è tenuta mercoledì mattina. La settimana prima invece il giudice Manuela Scuderi aveva rifiutato la richiesta degli avvocati difensori di sottoporre i loro clienti a perizia pischiatrica. E vista l’efferatezza dell’omicidio, una volta negata l’attenuante della semi infermità mentale, era chiaro che le richieste di condanna sarebbero state pesantissime. Durante la requisitoria, Cajani ha parlato di una «lucida volontà omicida entro una cornice culturale povera e ferocemente misogina» e ha rincarato la dose, sostenendo che non è possibile parlare di dramma della gelosia: Marcone era ben consapevole di quanto stava facendo. Il pioltellese che in un primo momento negò ogni addebito perfino davanti alle telecamere, quando trapelò che le indagini si erano focalizzate sul suo nome, in un secondo momento confessò. E raccontò di avere ucciso l’ex compagna con una pistola, peraltro mai ritrovata. L’assassinio avvenne in casa dell’uomo la sera del 30 novembre. Decise di tenere il corpo di Gabriella nell’appartamento per quattro giorni prima di sbarazzarsene la sera del 4 dicembre, in concomitanza con l’esito del referendum costituzionale. Contava che la maggior parte degli italiani fosse davanti alla televisione a vederne l’esito e potere così agire senza essere visto. Quella sera entrò in gioco Fabrizio Antonazzo, che lo aiutò a trasportare il cadavere fino alla cava, sul territorio di Cernusco.