17 Gennaio 2019

La sentenza è stata emessa lo scorso venerdì, ma ha continuato a tenere banco  anche nei giorni successivi nei bar e nelle piazze virtuali dei social. A seguito dell’inchiesta legata a presunte spese pazze compiute utilizzando soldi pubblici, l’ex sindaco Adriano Alessandrini è stato condannato in primo grado a due anni per il reato di peculato. Si tratta di una sentenza, in questo caso penale, che va ad aggiungersi a quella già emessa dalla Corte dei Conti lo scorso luglio, dove Alessandrini fu ritenuto responsabile di danno erariale per avere utilizzato la carta di credito del Comune per spese non riconducibili al suo ruolo istituzionale, per poco più di 34mila euro. Sentenza che però è stata impugnata dal suo legale, così come, ha già fatto sapere, accadrà anche per quella emessa la scorsa settimana.
Oltre ai due anni (pena sospesa e non menzionabile nel casellario giudiziario) il giudice ha stabilito un risarcimento nei confronti del Comune per 6mila e 300 euro per danno di immagine e l’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni.
Procediamo con ordine, analizzando queste due ultime “tegole”. Il pubblico ministero aveva chiesto un risarcimento di 28mila euro. La cifra sensibilmente ridotta è dovuta al fatto che gli episodi (come cene particolarmente onerose o l’alloggio per i relatori a un convegno su forme di vita extraterrestri) contestati ad Alessandrini erano 129, ma solo una ventina sono stati considerati degni di attenzione. Per semplificare: secondo il giudice circa un sesto delle spese analizzate sono state effettivamente effettuate andando in contrasto con l’articolo 314 del codice penale (peculato, appunto). Per quanto riguarda, invece, l’interdizione dai pubblici uffici, questo significherebbe che tra un anno e mezzo Alessandrini non potrebbe candidarsi alla poltrona di sindaco. Un colpo non indifferente, perché se è vero che in passato l’ex sindaco ha sostenuto più volte che non gli interessa più ricoprire il ruolo di primo cittadino, è altrettanto vero che tra gli addetti ai lavori, sia avversari che sostenitori,  c’è sempre stata perplessità sulla veridicità di certe affermazioni. D’altronde pur avendo sempre dichiarato di amare a dismisura Segrate, questo non impedì ad Alessandrini di candidarsi a sindaco di Pioltello (coniando l’hashtag #Pioltellove”). Insomma, la passione politica non  si cancella con un colpo di spugna. Ora si dovranno attendere 90 giorni, allorché le motivazioni della sentenza saranno rese note. A quel punto Alessandrini e il suo avvocato Gabriele Roveda potranno improntare l’appello. Resta da capire se il centrodestra preferirà attendere, ed eventualmente impostare una campagna elettorale in tempi piuttosto ridotti, visto quanto ne servirà per arrivare a un giudizio in secondo grado, oppure percorrere una strada alternativa, puntando su altri nomi.