01 Marzo 2019

Violenza, coraggio, aiuto, paura. Queste sono solo alcune delle parole chiave che sono rimbalzate tra le mura dell’auditorium Toscanini di Cascina Commenda domenica scorsa, quando è andato in scena lo spettacolo “Undicesimo comandamento, uccidi chi non ti ama”, nell’ambito della rassegna teatrale della solidarietà. Uno spettacolo dal forte impatto emotivo, con un tema quanto mai attuale, ovvero quello della violenza sulle donne, portato a Segrate dalla Compagnia di Teatro Carcere Opera Liquida: sul palco detenuti ed ex detenuti della Casa di Reclusione Milano Opera e l’attrice Maria Chiara Signorini, che hanno partecipato anche alla scrittura della pièce teatrale, liberamente ispirata all’omonimo romanzo di Elena Mearini. “Noi, che della legge ci siamo fatti beffe, calati nei panni delle donne violate, dei bambini coinvolti, della società indifferente... puntiamo la nostra lente d’ingrandimento emotiva”  si legge nella presentazione dello spettacolo “per mettere in guardia le donne, affinché si difendano, attraverso la legge”. E l’unione di questi aspetti è stato quello che ha reso ancora più forte il messaggio; perché se esplicitamente si è parlato di violenza e di donne, implicitamente sono stati trattati altri importanti temi: quello della seconda possibilità e del reinserimento lavorativo di persone che scontano o hanno scontato le loro pene in carcere. Del resto, come affermato a fine spettacolo dalla fondatrice di Opera Liquida Ivana Trettel: “La vera pena inizia a fine pena”. La rappresentazione è stata promossa dall’associazione D come Donna, impegnata nel supporto alle donne in difficoltà, in collaborazione con la Cooperativa Sociale Multiservizi, che da anni dà l’opportunità di un inserimento lavorativo a chi ha avuto problemi con la giustizia. Presenti, in rappresentanza di queste due realtà, Enza Orlando e Mimmo Leo, insime all’assessore alla Cultura, Gianluca Poldi. «Oggi parliamo di coraggio» il suo commento «inteso come un misto di cuore e raziocinio, che fa superare la paura a favore di un bene più grande, quello che spinge le donne a denunciare le violenze. Farlo con una realtà come quella di Opera Liquida è ancora più coraggioso, perché spesso il mondo tiene a distanza chi ha un vissuto come quello di detenuti ed ex detenuti».
«Si tratta di un importante gioco di rete» ha aggiunto Leo, «che prepara i detenuti a uscire dal carcere e grazie al quale in 30 anni siamo riusciti a trovare lavoro a 200 persone».
Una scenografia molto semplice ha accolto il pubblico: un fondale nero, come gli abiti degli attori, sedie rosse e un grosso gomitolo dello stesso colore; non serviva nient’altro per affrontare la delicata questione, se non la bravura dei teatranti, che hanno superato le aspettative dei presenti. E  alla fine gli applausi sono stati numerosi e continui. «L’associazione Opera Liquida è una compagnia di teatro carcere nata nel 2009» racconta la fondatrice Ivana Trettel. «Da allora lavoro nel carcere di Opera con i detenuti “comuni”, media sicurezza. Svolgo il mio lavoro in assenza di giudizio, il che significa che il mio obiettivo è fare teatro, e che di quello che è successo prima dell’incontro con i detenuti-attori non me ne curo, e in colleganza, nel senso che mi pongo alla pari con le persone con cui lavoro e il fatto che io dica cosa fare dipende solo dal mio ruolo di regista. Non è più o meno difficile che in una compagnia teatrale che ha sede in un altro luogo. Non facciamo educazione, facciamo teatro e con esso vogliamo comunicare qualcosa. Che poi questa attività abbia dei riflessi e possa portare a fare accadere qualcosa nelle persone, è una conseguenza importantissima».
Per questa ragione, Opera Liquida è entrata a far parte di “Per aspera ad astra”, rete che ha come capofila la Compagnia teatrale della Fortezza di Volterra, e Acri, Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio Spa, a cui hanno aderito sei Fondazioni di origine bancaria. La mission del progetto, infatti, recita: “Concentrandosi esclusivamente sul contenuto artistico dell’attività svolta, liberandola da condizionamenti finalistici di tipo sociale, si riescono a raggiungere risultati, sul piano artistico, equiparabili, e forse anche superiori, a quelli ottenibili in contesti ordinari. E la qualità di tali risultati, indirettamente, produce risultati straordinari sul piano sociale”.
Per favorire questo risultato, oltre al laboratorio teatrale, ad Opera sono da poco iniziati anche i laboratori di sartoria e di tecnico audio e luci, sempre finalizzati alla messa in scena degli spettacoli, tenuti da Silvia D’Errico e Salvatore Vignola il primo, da Luca De Marinis e Domenico Ferrari il secondo. I detenuti andranno nuovamente in scena, fuori dalle mura carcerarie, il 5 maggio a Campo teatrale, a Milano, con “Disequilibri circensi” opera che ha vinto il Premio Enea Ellero per il Teatro Sociale 2018.
Eleonora D’Errico