07 Febbraio 2020

Viaggi annullati, ristoranti orientali in difficoltà, mascherine sanitarie ormai introvabili, gel disinfettanti per mani sistemati in pole position sui banconi delle farmacie, le cui vetrine sono state anche tappezzate da appositi volantini informativi con consigli igienici e numeri telefonici di pubblica utilità. È questa l’atmosfera che si respira passeggiando per Segrate, a poco più di un mese dalla prima comparsa nell’uomo, a Wuhan, in Cina, dell’ormai noto virus “reale” (di nome e di fatto) che sta facendo parlare di sé in ogni parte del mondo e il cui potenziale di contagio ha portato l’Organizzazione mondiale della sanità a dichiarare, il 30 gennaio, lo stato di emergenza globale. Una realtà oggettiva da fronteggiare, il Coronavirus, avvolta però da una fitta nebbia di fake news e allarmismo altrettanto urgente da fendere con la buona informazione. Proprio con questo spirito lo scorso giovedì sera lo Sporting Club di Milano 2 si è fatto promotore di uno stimolante incontro da tutto esaurito, con due protagonisti d’eccezione: Luigi Ripamonti, direttore di Corriere Salute, e Roberto Burioni, professore ordinario in microbiologia e virologia all’Università Vita-Salute del San Raffele. «In queste situazioni la paura non serve a nulla» ha esordito il virologo. «Anzi, bisogna mantenere la calma e conoscere. Quella dei coronavirus è una famiglia molto comune, il 20% dei nostri raffreddori è dovuto a loro. Il virus che oggi incute così tanta paura è diverso dagli altri per il solo fatto che non ne siamo mai entrati in contatto prima d’ora, dunque il nostro organismo si trova impreparato. C’è però un aspetto positivo in questa epidemia: il virus in Cina è stato immediatamente isolato, a inizio gennaio, e il suo codice genetico decifrato. Vantaggio per nulla scontato e di enorme importanza». Rassicurazioni arrivano anche dalla segratese Elena Criscuolo, premiata nel marzo dello scorso anno come miglior giovane virologa d’Italia dalla fondazione Carlo Erba (e che insieme al sindaco Paolo Micheli sta già pianificando una serata divulgativa dedicata ai cittadini): «Niente allarmismi. Le infezioni mortali sono state riscontrate tutte vicino all’epicentro e in soggetti over 60 già debilitati a causa di altre patologie in corso. Inoltre, a seguito dei due casi di contagio verificati a Roma, i colleghi dell’ospedale Spallanzani sono riusciti a isolare il virus facendolo crescere in laboratorio. Così ora anche in Italia ne abbiamo la sequenza genetica e confrontandola con quelle depositate dai vari paesi che lo hanno analizzato è possibile valutare se, e come, muta nel tempo e nello spazio». Ma come si dice, prevenire è meglio che curare e giustappunto: «Abbiamo completamente terminato mascherine di qualsiasi tipo ormai da giorni, ne avevamo più di un centinaio in casa»  hanno confermato dalla farmacia comunale di Lavanderie. «Perlopiù sono state acquistate da  cinesi residenti qui che le hanno poi spedite ai loro parenti oppure da soggetti vulnerabili come donne in gravidanza. Non è previsto nessun rifornimento perché i grossisti stessi ne sono sprovvisti; la richiesta maggiore è arrivata direttamente a loro proprio dal mercato asiatico». Situazione simile anche al Villaggio Ambrosiano: «C’è una corsa alla prevenzione e non abbiamo più neanche una mascherina. Ora l’acquisto più frequente riguarda i gel disinfettanti», hanno raccontato le farmaciste Palmina e Mara. Eco di questa nuova epidemia si ode anche nel settore del turismo: «Per quanto riguarda i viaggi verso l’Asia, su 10 pratiche ne sono state annullate 4», hanno confermato dall’agenzia sanfelicina Orchidea Viaggi. Le telefonate di clienti preoccupati si susseguono anche all’agenzia Australian Travel di Segrate centro: «La situazione è molto seria, le persone sono allarmate e sono molti i ripensamenti da parte di chi iniziava a maturare l’idea di un viaggio. Se l’attuale tenore delle campagne mediatiche su questa epidemia dovesse restare tale, il turismo e l’economia si troveranno in grosse difficoltà». Chi, invece, sta accusando il colpo in modo decisamente disomogeneo è il mondo della ristorazione orientale. A Milano 2 tutto bene, quartiere-comunità nel quale le attività restano protette dalle dinamiche di un piccolo paese e dalla clientela affezionata: «Da noi tutto normale» ha detto sollevato Gianni, titolare del ristorante China Town. «Le persone ci conoscono da vent’anni, c’è fiducia. Non abbiamo avuto alcun calo nelle prenotazioni». Diversa, la situazione vissuta a Novegro da Feng, proprietario del ristorante Sushi Ye. Della sua sala piena di clienti affamati, per il momento, resta solo un lontano ricordo: «Nelle ore di punta abbiamo il ristorante semivuoto, è veramente triste». Incredibile a dirsi, ma questa volta qualche involtino primavera e un piatto di ramen potrebbero essere il rimedio perfetto contro pregiudizi e disinformazione.
Elisa Ranieri