14 Aprile 2017

Esiste una categoria professionale troppo spesso ignorata o, ancora peggio, denigrata dal resto della società: gli artisti di strada. Spesso pensiamo a queste persone come a emarginati o a gente che vive uno stato di disagio, ma la realtà è che questa categoria è composta da talenti che hanno il più delle volte scelto di fare questa vita consapevolmente e spinti dalla necessità di mettere a nudo le proprie emozioni attraverso l’arte, come tutte le persone di spettacolo. «Spesso siamo trattati da reietti, ma la verità è che abbiamo famiglie e bollette da pagare come tutti», spiega Valentina Binelli, cantante di strada che ha più volte partecipato ai nostri eventi del Soloperoggi. «Siamo artisti particolari, ma facciamo il nostro lavoro in modo molto professionale, mettendoci in gioco tutti i giorni. L’unica differenza con gli altri è che noi lo facciamo in giro per la città, a contatto con i passanti. Personalmente ho cominciato appena tre anni fa dopo aver conosciuto mio marito, anche lui musicista di strada. Ho deciso di dare spazio alla mia passione per il canto e di farlo in mezzo alla gente comune, per le vie di Milano». In pochissimo tempo Valentina si è resa conto che il contatto così ravvicinato con il pubblico l’avrebbe aiutata a superare le sue fragilità e ha compreso che quella sarebbe diventata la sua professione. «Quando appoggio il cappello sull’asfalto si crea qualcosa di magico e le emozioni passano da me agli spettatori in modo molto intimo. Essere un’artista di strada è faticoso, ma mi ha reso più forte», conclude la cantante. È vero, la vita di queste persone non è per niente facile e sul loro cammino trovano moltissimi pregiudizi che la società moderna non è ancora stata capace di abbattere. Associazioni come Aleacam, che tutela la libera espressione degli artisti cosiddetti “a cappello”, combattono per valorizzare il ruolo sociale di questa categoria professionale promuovendo iniziative e organizzando attività. In particolare Aleacam conta al suo interno maestri delle più svariate arti, da cantanti a chitarristi, da burattinai a clown e truccatori. «Come diciamo spesso noi, l’arte di strada è un diritto, e ogni diritto va tutelato», racconta Valentina. «Queste associazioni ci proteggono a livello istituzionale e ci permettono di fare il nostro lavoro più serenamente. Ogni artista che ne fa parte ha sottoscritto un codice etico che riguarda soprattutto il rispetto che ognuno è tenuto ad avere verso i colleghi e gli spettatori. Così tuteliamo tutta la categoria. Grazie a queste congregazioni riusciamo anche a far sentire la nostra voce quando i regolamenti metropolitani ci impediscono di lavorare. È assurdo che, ad esempio, in molte città italiane siano ancora vietati gli strumenti di amplificazione: in questo modo ci limitano troppo». Speriamo che la società moderna riesca a dare la stabilità che questi fantastici artisti meritano e che in poco tempo si riesca a trovare il modo di lavorare in armonia tra cittadini, negozianti, autorità e artisti di strada, come chiedono le associazioni che l’11 aprile si sono radunate in stazione centrale per una manifestazione pacifica. Nel frattempo potrete venire ad ascoltare Valentina e i suoi colleghi ai futuri eventi Soloperoggi. Non ve ne pentirete.
Mattia Rigodanza