05 Febbraio 2016

«Liberate i marò e guardate meno Barbara D’Urso». Appello di Giulia La Torre, vimodronese di 27 anni, che da una decina di mesi vede a ondate il suo profilo Facebook invaso da messaggi che oscillano tra la solidarietà e le offese. Il motivo? Lo spiega lei stessa. «Un classico caso di omonimia. O meglio dire quasi, visto che il cognome della figlia di uno dei marò tenuti prigionieri in India è Latorre scritto tutto attaccato e il mio no. Fatto sta che ogni volta che lei fa una comparsata in tv immancabilmente la mia bacheca viene subissata di messaggi di gente che mi scambia per lei. Basterebbe guardare la foto, ma evidentemente chi posta neppure ci fa caso». Nell’ultima settimana una nuova serie di epiteti e insulti. E così Giulia ha capito che qualcosa era successo. «Mi sono informata e ho scoperto che l’altra Giulia era stata ospite nella trasmissione televisiva di Barbara D’Urso. Non solo, ha perfino fatto coming out spiegando di essere omosessuale. Apriti cielo. Gente che mi diceva di vergognarmi perché sfruttavo la triste vicenda di mio padre per farmi pubblicità, altri che mi insultavano a prescindere solo perché mi piacerebbero le donne. In mezzo anche qualche messaggio carino di solidarietà, lo ammetto». La cosa curiosa è che Giulia da mesi sull’immagine di copertina ha messo una scritta impossibile da non vedere. Questo il messaggio: “Non sono la figlia di uno dei marò”, ma non è servito a nulla. «Sono sincera, a me tutta questa vicenda fa ridere, non mi sono mica offesa», conclude Giulia. «Anche per questo motivo l’ho raccontato agli amici: per fare sorridere anche loro. Ad ogni modo mi auguro che quanto prima i marò vengano liberati in modo da riavere un profilo Facebook non in condivisione. E già che ci sono mi auguro che la gente guardi meno Barbara D’Urso».