12 Luglio 2019

Buongiorno cari lettori, continua la nostra rubrica salute con lo scopo di offrire a voi le informazioni più recenti riguardo i problemi muscoloscheletrici comunemente riscontrabili. Parleremo oggi della fascite plantare che è una problematica del piede riscontrabile sia in persone sportive che in quelle meno atletiche. Un recente studio scientifico ha incluso 54.851 atleti ed ha mostrato come il 50% dei pazienti che  avevano sviluppato fascite plantare praticassero sport come il calcio, la corsa, la danza e la ginnastica. I cambiamenti nello spessore della fascia plantare sono correlati a modificazioni del livello dolorifico della zona; inoltre, maggiore è la paura e l’apprensione verso il dolore, maggiore è la disabilità prodotta dal problema. Clinicamente i pazienti spesso giungono al consulto per la prima volta con situazioni già croniche di dolore. La prognosi è solitamente positiva e va da due  mesi a dodici mesi nei casi più complessi. I fattori che predispongono l’insorgenza di fascite plantare in soggetti non atletici sono: ridotta mobilità in dorsiflessione della caviglia, alto indice di massa corporea e svolgimento di lavori che prevedono posizioni mantenute in piedi con situazioni di terreno rigido e con scarso assorbimento del carico. Fra gli atleti invece c’è un aumentato rischio d’insorgenza di malattia tra i podisti o tra chi  presenta piede cavo o  retropiede varo.  Attualmente le linee guida ci indicano che per curare la fascite sono molto indicate la terapia manuale, lo stretching del gastrocnemio e del soleo, il taping neuromuscolare, le solette a supporto dell’arco plantare e di scarico del tallone, l’immobilizzazione notturna del piede. Vi ricordiamo comunque  che queste sono linee guida informative.
Deve essere sempre lo specialista a scegliere la tecnica e la posologia di esercizio più adeguata per curare al meglio il vostro problema.