18 Maggio 2018

Confortevoli divanetti rossi, un pianoforte a coda in un angolo, sui tavolini biscotti e salatini e attorno l’appena percepibile brusio della consueta vita del Club. In questa atmosfera soft e rilassante si è svolto uno dei nostri “Incontri con l’Autore”, una delle sezioni del Tè Letterario che si svolge mensilmente allo Sporting Club di Milano 2. Questa volta il protagonista è stato Roberto Pegorini che ha presentato il suo ultimo libro “La doppia tela del ragno’. Pegorini è laureato in giurisprudenza e di professione, da oltre vent’anni, è giornalista, con una predisposizione innata per la cronaca nera. Attualmente è direttore di “InFolio”, un settimanale a carattere locale dell’est Milanese. Nel 2014 ha pubblicato il romanzo noir “Cuore apolide”. Ha vissuto per 37 anni a Sesto San Giovanni, prima di trasferirsi nella bergamasca Val Cavallina, nel piccolo comune di Casazza ai piedi del lago di Endine, dove tuttora risiede.
L’intervista ha inizio con una domanda provocatoria: “Il protagonista del libro, Fabio Sandri, è un giornalista di cronaca nera che a un certo punto della sua vita, dopo un grave ferimento che ne ha messo a rischio la sopravvivenza, decide di ritirarsi nella Val Cavallina per ritrovare se stesso e allontanarsi da tutto ciò che lo lega al passato, con il quale ha bisogno di riconciliarsi. È un puro caso o c’è in questo personaggio un richiamo autobiografico?” Pegorini sorride e risponde: “Nulla di autobiografico. Per scrivere la storia avevo bisogno di un giornalista che si occupasse di  cronaca nera e, per quanto riguarda la scelta del luogo dove designare il suo rifugio, è un attestato di riconoscenza da parte mia a una zona del bergamasco che mi ha accolto con calore e dove io ho trovato una dimensione di vita che mi far stare bene”.
Scarpe da ginnastica, jeans e una barba da “finto trascurato”, Pegorini è una persona tranquilla e disponibile, ascolta le domande e risponde con cortesia e chiarezza, ma dalla vivacità e dalla mobilità dei suoi occhi, schermati dagli occhiali da vista, traspare una personalità curiosa e vivace.
“Ho letto il libro e all’inizio non lo avevo collegato al primo romanzo, “Cuore apolide”, ma i nomi dei personaggi e le loro caratteristiche mi hanno portato a pensare che questo ultimo lavoro fosse la prosecuzione del precedente dove il protagonista Fabio, alla fine, viene ferito ma al lettore viene lasciata la libera scelta tra la morte e una salvezza in extremis”. Pegorini coglie la palla al balzo e chiarisce: “Tengo a precisare che, nonostante i personaggi siano gli stessi, le due storie sono indipendenti tra loro, quindi chi non avesse letto il primo non verrà certo penalizzato nella lettura dell’ultimo. In effetti io non avevo nessuna intenzione di scrivere la seconda parte di “Cuore apolide”, ma le richieste dei lettori sono state così pressanti che ho dovuto cominciare a imbastire una storia che fosse collegata ai personaggi, anche se non consecutiva. Ho impiegato due anni per scriverlo ed è stato un lavoro impegnativo.”
Proseguo la mia intervista, sempre più incuriosita dalle dinamiche che portano un autore a “partorire” un  libro: “Nel suo romanzo non c’è solo una storia di delitti ma ci sono tante storie che si intrecciano e si dipanano; c’è la storia dell’amicizia tra Fabio e Stefano, la solidarietà tra Fabio e i suoi colleghi, la storia d’amore tra Fabio e la sua compagna Marika; il racconto noir iniziale sfuma delicatamente in cinquanta sfumature che avvincono il lettore fino alla fine.
Fabio è, a mio avviso, un personaggio per certi versi inquietante. Introverso, instabile, insicuro e spesso travagliato dalle contorte dinamiche del suo cervello che cerca risposte ma forse formula male le domande. Il rapporto con la sua storica compagna, Marika, è sempre sul punto di precipitare ma, sotto la cenere, c’è sempre una scintilla pronta a riaccendersi, tra questi due amanti, che li porta a cercarsi e volersi. “Lei come si rapporta con questo suo personaggio?”
. Ancora una volta il sorriso di Pegorini precede la sua risposta: “Io sono stato perseguitato da Fabio. Nei due anni della stesura del libro ho vissuto costantemente con la sua ingombrante presenza; a pranzo, a cena, al lavoro, in macchina, ovunque, ero sempre alla ricerca del suo pensiero, del suo essere e del suo divenire. Alla fine credo di averlo persino odiato. Adesso sto scrivendo il mio terzo libro per chiudere questa trilogia su Fabio Sandri e poi vorrei continuare a scrivere, ma cambiando genere”.
Il nostro pomeriggio si conclude con un brindisi e con l’augurio di ritrovarsi alla presentazione del prossimo libro sull’enigmatico Fabio.  

Katia Amato Sgroi