23 Marzo 2018

Quando si è giovani, scordare dove si sono messe le chiavi della macchina è ritenuta un’irrilevante dimenticanza. Siamo stanchi, siamo distratti, ma certamente non siamo “dementi”. Se la stessa cosa ci  accade quando abbiamo varcato la soglia degli anni d’argento, scatta in noi un campanello d’allarme che risveglia l’atavica paura della malattia mentale, che sia Alzheimer, Demenza senile o Parkinson, Possiamo accettare i capelli bianchi e le rughe, arriviamo ad accettare il logorio fisico ma non il decadimento mentale perché questo è sinonimo di disabilità. Un tempo la “terza età” veniva accettata come tale e nel pacchetto erano incluse smemoratezza, sbadataggine,  distrazione e anche un pizzico di stramberia, si sorrideva di queste “defaillance” e la tenerezza era la miglior cura. Oggi gli anziani devono mostrarsi sempre super attivi, efficienti e autosufficienti perché la famiglia non può più occuparsi di loro nel caso in cui diventino un “problema” da risolvere. Rita Levi Montalcini ci mette in guardia contro i falsi allarmi: «Se non riesci a ricordare dove hai messo le chiavi, non pensare subito all’Alzheimer; inizia invece a preoccuparti se non riesci a ricordare … a cosa servano le chiavi».
Mercoledì 31 gennaio, allo Sporting Club di Milano 2, per il consueto Tè Letterario, abbiamo avuto un relatore d’eccellenza, il Prof. Giuseppe Jannoccari (presidente di Assomensana), che ha tenuto una interessante relazione sulla memoria. Di seguito alcune delle domande con relative risposte:
Cos’è la memoria?
«La memoria è una delle funzioni cognitive più importanti della nostra mente. Attraverso la memoria entriamo in contatto col mondo e ne creiamo una copia più o meno fedele all’interno della nostra mente. Attraverso questa rappresentazione riusciamo a muoverci, orientarci, raccontarci e programmare il futuro. Attenzione però, “la memoria non serve per ricordare tutto, ma per sopravvivere meglio”. La memoria è importante per ricordare che un cibo ci fa star male o che un viso è minaccioso, oppure dove trovare i cibi buoni o un rifugio sicuro. Per milioni di anni la memoria si è sviluppata con obiettivi legati alla sopravvivenza. Soltanto negli ultimi secoli è cresciuta la pretesa di dover ricordare ogni informazione che passa sotto la nostra attenzione, non accettando che le informazioni si possono anche dimenticare.»     
Quanti tipi di memoria esistono?
 «La memoria non è una funzione monolitica, ne esistono più di quindici: memoria verbale, visiva, episodica, autobiografica, prospettica (ricordarsi di fare qualcosa in futuro), anterograda (ciò che è successo da un dato momento in poi), retrograda (ciò che è successo prima di un certo momento), procedurale, a breve termine, a lungo termine, memoria di lavoro, memoria di nomi, di volti, di numeri, ecoica, iconica ecc. La particolarità delle memorie è che sono parzialmente separate tra loro, come gli scomparti dello scafo di una nave. Questa particolarità consente di mantenerle separate nel caso di ‘incidenti’ neurologici. Ad esempio, se un danno cerebrale compromette la memoria visiva, le altre rimangono integre e possono “vicariare” quella danneggiata.»
Come mantenere efficiente ed elastica la memoria?
«Con l’uso e l’esercizio. Per analogia, va considerata alla stregua della muscolatura fisica. Se esercitiamo le diverse  fasce muscolari, queste si mantengono toniche ed efficienti a lungo. Viceversa, i tessuti decadono e perdono di potenza. Ci sono diversi esercizi che si possono svolgere durante il giorno per mantenere attiva la mente:
• memorizzare un numero di telefono e digitarlo sul telefono invece di premere il tasto di chiamata rapida;
• utilizzare l’agenda mentale per ricordare la lista della spesa (portare sempre con sé la lista, per sicurezza!);
• giocare a memorizzare nomi, parole e numeri che capitano alla nostra attenzione;
• apprendere una notizia al giorno e ripeterla a persone diverse: la prima volta il racconto è goffo e poco articolato, la seconda volta diventa più fluente e si ricordano maggiori dettagli, la terza volta la notizia diventa chiara e si fissa nella memoria a lungo termine. Una notizia al giorno per 365 giorni ...
• la sera, prima di addormentarsi, ripensare ai momenti salienti della giornata, cercando di rievocare il maggior numero di dettagli possibile. Tutte queste informazioni saranno fissate in modo duraturo durante il sonno della notte.»
Come si può danneggiare la memoria e perché?
«Oltre ai danni traumatici e neurodegenerativi, che qui non prendiamo in considerazione, la memoria perde in efficienza per il mancato uso. Ricordiamoci che, per la mente, vale il principio: “ciò che non si usa si perde”. In questo senso, i nemici della memoria sono: pigrizia mentale, sedentarietà, scarsa curiosità, massiccio utilizzo di ‘protesi mentali’ (agende elettroniche, calcolatrici, navigatori, sistemi di parcheggio automatici, rubriche telefoniche, etc.), fretta e stress. In particolare, le ultime due condizioni agiscono sui meccanismi di registrazione delle informazioni (la fretta non consente di porre la dovuta attenzione ai dettagli, limitando la corretta memorizzazione delle informazioni) e lo stress prolungato rilascia l’ormone cortisolo che danneggia i neuroni dell’ippocampo, la struttura in cui sono depositate le memorie a lungo termine”.
Rita Levi Montalcini sosteneva che il cervello non avesse età. È vero? E la memoria?
«William James recitava: “Old dogs can’t learn new tricks” (i cani vecchi non possono imparare giochi nuovi). Questa affermazione di fine ’800 ci ha condizionato molto a lungo. Solo gli studi della Montalcini hanno iniziato a smontare questa tenace convinzione. La scienziata è stata insignita del premio Nobel per aver individuato, insieme a Viktor Hamburger, una sostanza (neurotrofina) che viene prodotta dai neuroni quando questi sono sottoposti a stimoli cognitivi. Questa sostanza, chiamata NGF, “fattore di crescita neuronale”, consente alle cellule cerebrali di mantenersi attive e di evitare l’apoptosi, la morte cellulare. Quanto più le cellule vengono stimolate, tanto più producono questa sostanza e si mantengono attive a lungo (altre sostanze simili, come il BDNF, sono state individuate negli anni successivi). Queste sostanze hanno dato evidenza anche al concetto di “plasticità cerebrale”, ossia la capacità del cervello di riorganizzarsi in base alle vicissitudini della vita. Questo è vero per tutte le funzioni cognitive, memoria compresa. Quindi, nulla è perduto, si può apprendere una nuova informazione fino all’ultimo respiro».  

Katia Amato Sgroi