29 Maggio 2017

Anche questo mese, abbiamo ricevuto parecchi quesiti in materia condominiale che Vi proponiamo:
1.F. da Segrate ci dice: “Il condomino che abita sotto di me mi sta chiedendo i danni per infiltrazioni provenienti dal terrazzo di mia proprietà che, in parte, funge da copertura dell’edificio condominiale. Devo pagarlo solo io oppure deve intervenire anche il Condominio?”.
Nel caso in esame si ravvisa una responsabilità sia in capo al proprietario del terrazzo che del condominio: il primo è tenuto agli obblighi di custodia, ex art. 2051 c.c, in quanto si trova in rapporto diretto con il bene potenzialmente dannoso, ove non sia sottoposto alla necessaria manutenzione; il secondo è tenuto, ex artt. 1130, primo comma, n. 4, e 1135, primo comma, n. 4, c.c, a compiere gli atti conservativi e le opere di manutenzione straordinaria relativi alle parti comuni dell’edificio (SS. UU. N. 9449 del 10.05.2016).
Perciò, a meno che il danno non sia interamente riferibile all’una piuttosto che all’altra parte, non deve pagare solo il nostro lettore, ma anche il Condominio secondo il criterio di ripartizione stabilito dall’art. 1126 c.c, il quale pone le spese di riparazione per un terzo a carico del proprietario o dell’usuario esclusivo del lastrico (o della terrazza) e per i restanti due terzi a carico del condominio.
2.C. da Pioltello ci dice: “La mia nuova vicina di casa non sopporta gli animali, soprattutto il mio cane. Dice che il regolamento condominiale, approvato all’unanimità, prevede il divieto di tenere negli appartamenti animali domestici. Cosa dovrei fare?”
Il regolamento condominiale di specie è contrario al principio di cui all’art. 1138, ultimo comma, c.c secondo cui “le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici”, applicabile alle disposizioni contenute sia nei regolamenti di tipo contrattuale che assembleare, precedenti o successivi alla riforma condominiale del 2012. Il regolamento che si discosti da questa disposizione, come parrebbe essere quello in esame, quindi, rischia di essere affetto da nullità anche perché contrario ai principi di ordine pubblico, individuabili nella necessità di valorizzare il rapporto uomo-animale e nell’affermazione di quest’ultimo principio anche a livello europeo. Tale divieto dunque rischia di essere illegittimo anche se votato all’unanimità dei condomini, come oltretutto stabilito da una recente ordinanza del Tribunale di Cagliari del 22.07.2016; di talché la nostra lettrice non solo potrà dire alla sua vicina che il cane può e deve rimanere nella sua abitazione, ma potrebbe in ipotesi agire in giudizio contro il Condominio per chiedere la nullità del regolamento in questione nella parte in cui vieta l’accesso e il mantenimento di animali domestici negli appartamenti.
3.S. da Peschiera ci scrive: “Il mio Condominio è davvero poco illuminato, tant’è che qualche giorno fa stavo scendendo le scale condominiali e, mentre discutevo con mio marito, sono caduta e mi sono fatta male.  Posso avanzare pretese risarcitorie nei confronti del  Condominio che, ripeto, non presta alcuna attenzione all’illuminazione?”.
La responsabilità della manutenzione delle parti comuni ricade in linea di massima sul Condominio e, perciò, la nostra lettrice ben può avanzare richiesta di risarcimento danni. A tale riguardo, però, è bene precisare che una condotta “irresponsabile” del danneggiato potrebbe liberare il Condominio medesimo da ogni responsabilità. Nel caso sottoposto ad esame, la lettrice è sì caduta rovinosamente a terra, ma, come da sue stesse ammissioni, ciò potrebbe essere dipeso anche dalla sua “mancata concentrazione”: nonostante la dichiarata scarsa illuminazione dello stabile, infatti, la condomina ha attraversato le scale senza prestare particolare attenzione, ma anzi dialogando con il marito e, quindi, presumibilmente distraendosi.
E’ bene avvisare S. che ciò potrebbe essere considerato un elemento di sua “imprudenza” che, in qualche modo, potrebbe non giustificare la domanda risarcitoria e, addirittura, annullare la responsabilità del Condominio  (Cass. Civ. n. 18903 del 24.09.2016)